LA CONDANNA DI UN PREPOSTO PER NON AVER SOSPESO UN'ATTIVITA' PERICOLOSA
Si riporta di seguito la sintesi di un’interessante pronuncia relativa all’identificazione della figura del preposto. Si tratta della sentenza della Corte di Cassazione, quarta sezione penale, del 22 novembre 2023, n. 46855 (udienza del 17.10.2023), con la quale un preposto veniva condannato per l'infortunio mortale di un lavoratore avvenuto all’interno di un cantiere, a seguito di una caduta da circa dieci metri di altezza.
IN FATTO:
All’imputato, in particolare, era contestato di aver fatto proseguire i lavori nel cantiere, nell’assenza delle necessarie e prescritte condizioni di sicurezza fino alla verificazione del sinistro, nonostante, il giorno precedente, questi fosse stato informato verbalmente della necessità di sospendere i lavori, stante l'assenza di idonee misure di sicurezza contro la caduta dall'alto.
Quest’ultimo, condannato in primo grado e ribadita la sua colpevolezza anche in secondo grado, presentava ricorso in Cassazione avverso la sentenza della Corte d’Appello per manifesta illogicità della motivazione. In effetti, secondo il ricorrente, la sentenza impugnata aveva erroneamente riconosciuto nello stesso la figura di preposto e capo cantiere. Questi sosteneva, in particolare, l’incompatibilità della figura di preposto con la sua istruzione (diploma di ragioniere e perito commerciale) e con le mansioni svolte all’epoca del fatto (vale a dire quelle di tecnico commerciale).
IN DIRITTO:
Il ricorso veniva dichiarato dalla Corte di Cassazione manifestamente infondato e, conseguentemente, inammissibile.
Il ricorrente, in effetti, si era sostanzialmente limitato a ribadire le censure mosse nei precedenti gradi di giudizio, vale a dire, di non aver svolto le funzioni di preposto e di capocantiere in occasione della verificazione del decesso del lavoratore per cui, dunque, non avrebbe ricoperto alcuna posizione di garanzia idonea a legittimare il riconoscimento della sua responsabilità penale.
La Corte, dichiarata l’inammissibilità del ricorso, procedeva, poi, a statuire quanto segue con specifico riferimento all’identificazione concreta della figura del preposto:
«...È risultato, infatti, congruamente accertato come l’A.A., al momento dei fatti, ricoprisse la qualifica, espressamente assegnatagli dal P.O.S., di preposto, come, altresì, confermato da vari testi escussi. L’imputato, in particolare: aveva il possesso di tutti i documenti relativi ai lavori; aveva ammesso di essere stato nominato responsabile del cantiere; disponeva di un’adeguata competenza tecnica, per aver ricevuto una formazione specifica da parte della società di cui era dipendente; era inquadrato nell’organigramma aziendale all’interno di un ufficio tecnico; era il referente diretto degli operai, al quale – per quanto da essi espressamente dichiarato – riferivano il lavoro svolto e prendevano direttive su quello da espletarsi; aveva fornito ai lavoratori la documentazione relativa al cantiere ed al piano di lavoro; era costantemente aggiornato sullo stato di avanzamento dei lavori, anche direttamente relazionandosi con il committente.
3.1. La censura dedotta, quindi, inerisce ad aspetti non passibili di valutazione in questa sede di legittimità, essendo ben noto che, in tema di sindacato del vizio di motivazione, il compito della Corte di cassazione non è quello di sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai giudici di merito in ordine all’affidabilità delle fonti di prova, bensì quello di stabilire se questi ultimi abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, se abbiano fornito una corretta interpretazione di essi, dando esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti, e se abbiano esattamente applicato le regole della logica nello sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre (così, tra le tante, Sez. U, n. 930 del 13/12/1995, dep. 1996, Clarke, Rv, 203428-01)...».
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Veniva, dunque, ampliamente accertato, nei due precedenti gradi di giudizio, che l’imputato, al momento dei fatti, ricoprisse la qualifica, espressamente assegnatagli dal POS, di preposto, come, altresì, confermato da vari testi escussi durante il processo. Tale circostanza veniva dai giudici in particolare fatta discendere dai seguenti elementi: il possesso di tutti i documenti relativi ai lavori; avere ammesso di essere stato nominato responsabile del cantiere; disporre di un'adeguata competenza tecnica; essere il referente diretto degli operai, al quale questi riferivano il lavoro svolto e prendevano direttive sul da farsi; avere fornito ai lavoratori la documentazione relativa al cantiere ed al piano di lavoro ed essere costantemente aggiornato sullo stato di avanzamento dei lavori.